Giorno della Memoria: il racconto di Ariel Dello Strologo
26 Gen 2017 - Interviste, Magazine
Il 27 gennaio è il Giorno della Memoria: i nostri ragazzi ne parlano a scuola, in televisione ci sono rassegne dedicate, vengono organizzate tavole rotonde, letture mirate, piccoli e grandi eventi. Ognuna di queste attività ha lo scopo di non dimenticare.
Anche noi vorremmo contribuire a questa conversazione corale e così, per ciò che è nelle nostre possibilità e con le nostre capacità, abbiamo pensato di parlarne con Ariel Dello Strologo che, oltre a essere Presidente di Porto Antico di Genova, è anche Presidente della Comunità Ebraica di Genova.
Il racconto di Ariel Dello Strologo, Presidente della Comunità Ebraica di Genova.
Le leggi razziali a Genova.
“La Comunità Ebraica genovese a cavallo del ‘900 cresce notevolmente a pari passo con la crescita della Città e del suo Porto e arriva a contare negli anni ’30 poco meno di 3.000 persone.
Le leggi razziali del ’38 colpiscono quindi una parte molto importante di Genova, non solo numericamente parlando, ma anche dal punto di vista della posizione all’interno della società, in quanto molti di loro svolgevano attività ben integrate e riconosciute, quali professori universitari, dirigenti, commercianti e professionisti.
Subirono la discriminazione fino al ’43, ghettizzati e costretti a vivere solo tra di loro; la Scuola De Scalzi (diventata poi De Scalzi Polacco) aveva messo a disposizione qualche aula al pomeriggio, per permettere a insegnanti ebrei di tenere lezioni a bambini ebrei, salvo poi far disinfettare con l’alcool i banchi dalla bidella non appena usciti di classe: gli studenti ariani non potevano rischiare di essere infettati…
Ma quello che sembrava il peggio, non era nulla rispetto a quello che sarebbe successo dopo che l’Italia firma l’armistizio e i tedeschi invadono la penisola e, aiutati dai fascisti repubblichini cominciano a dare la caccia agli ebrei italiani.”
Genova messa a setaccio.
“Il 3 novembre 1943 i tedeschi decidono di andare alla Sinagoga e costringono il custode a contattare tutti gli ebrei delle liste in suo possesso e a convocare una riunione molto importante: sarebbe stata la trappola perfetta per prenderne una gran parte in un colpo solo. Molti però non avevano il telefono, altri erano già partiti e molti altri sono stati avvertiti da una signora che, dalla finestra della sua abitazione all’angolo tra Via Assarotti e Via Bertone (dove ora c’è il Provveditorato) e armata di tanto coraggio, è riuscita ad avvertirne e quindi a salvarne tanti. Alla Sinagoga arrivarono “solo” 30/40 persone che catturate, dai tedeschi, furono portati prima alla Casa dello Studente e poi a Marassi.
Nelle settimane precedenti e in quelle successive vi furono molti altri arresti, alla fine da Genova furono catturate e deportate circa 240 persone. Di loro se ne salvarono solo 8.”
Wanted.
“Forse non tutti sanno che durante la caccia degli ebrei erano state istituite delle taglie in denaro per la loro cattura e purtroppo i soldi hanno fatto diventare persecutori molte persone solo apparentemente per bene. Chi si è salvato, quindi, deve ringraziare anche il cuore e il coraggio di molte persone non ebree che hanno dato ricovero ai deportati senza farsi conquistare dal denaro facile.
Nella mia famiglia sono state deportate 20 persone e di loro ne è tornata solamente una: aveva 17/18 anni e la sua vita è stata talmente segnata da non trovare più pace neppure in seguito. Le vere vittime, e può sembrare un paradosso, sono stati i sopravvissuti, che hanno dovuto adattarsi, spesso rimasti soli, a condurre una vita “normale” dopo aver vissuto un’esperienza indicibile.”
Passato, presente e futuro che si confondono.
“Grande è il lavoro divulgativo che è stato fatto con i ragazzi, ma ancora non si è riuscito a trasformare l’informazione in insegnamento di vita. Il comportamento degli uomini sembra ripetersi. Alcune analogie si ritrovano negli avvenimenti attuali, accendiamo il telegiornale e migliaia di profughi vivono discriminazioni ed esperienze simili a quelle vissute dal popolo ebraico durante la Seconda Guerra Mondiale.
Ascoltiamo i racconti dei sopravvissuti, guardiamo immagini toccanti della Shoah, ci emozioniamo e magari temiamo che un giorno possa succedere anche a noi… ci identifichiamo con le vittime, ma mai con le popolazioni silenziose che allora permisero che agissero i carnefici.”