Guardiani della Galassia 2: coolness alle stelle
25 Apr 2017 - Cultura, Magazine
Dopo aver visto il film e i risultati al botteghino di Guardiani della Galassia Volume 2, ci siamo chiesti se questa nuova pellicola made in Marvel potrebbe veramente ambire al trono di Star Wars. La risposta più onesta che ci siamo dati è stato un sonoro “chi se ne frega”.
Guardiani della Galassia Volume 2: una recensione irragionevole.
Riponete il dolcevita nero e il Mereghetti: questo film è tra le cose più cool dell’universo. È come un album psichedelico dei Beatles. E oltre il pop. È ultra-pop.
- È simile al fumetto? No.
- È perfetto? No.
- È innovativo? No.
- È meglio del primo? No.
Però spacca. E spacca da tutti i lati in cui la volete guardare.
Mandate in vacanza la testa.
Per la seconda volta sullo schermo, un semi-umano sexy che vive di espedienti (Star-Chi?), una avvenente* donna verde, un guerriero grigio con tatuaggi rossi che ha problemi con le figure retoriche, un io-sono-groot e un procione parlante con la passione per le cose che esplodono: il discorso sulla sospensione dell’incredulità lo possiamo considerare chiuso, fin dalla locandina. Andiamo avanti.
Che genere di film è Guardiani della Galassia Volume 2?
Il primo volume della serie era stato un taglio netto con il passato recente: aveva sparigliato le carte del mondo Marvel e della poetica supereroistica. Come? Era una commedia, vestita da film di supereroi, vestita da fantascienza. Altro che il lupo di cappuccetto rosso. Un inception di generi, insomma. Ma, gratta-gratta, l’etichetta indelebile era quella della commedia. E anche il Guardiani della Galassia volume 2 è una super-commedia. Più dissacrante. Più squinternata. Più colorata.
Tempi comici perfetti.
Ed è proprio nelle commedie più riuscite che i tempi comici sono perfetti, l’alchimia tra personaggi (e attori) è esplosiva e i siparietti si susseguono mentre voi siete lì – disimpegnati da tutto – a chiederne ancora e ancora. La trama? Superflua. L’intreccio? Bof. Ma parliamo anche del film.
James Gunn alla James Bond.
Nei titoli iniziali del primo film, Peter Quill/Star-Lord (Chris Pratt) metteva in scena la versione (s)canzonata dell’ingresso di Indiana Jones nel tempio peruviano de I predatori dell’Arca Perduta. In questo secondo volume James Gunn decide di citare (o parodiare) l’incipit alla James Bond, cioè una lunghissima scena d’azione che c’entra relativamente con la trama del film.
Ed è proprio con questa sequenza iniziale – che relega la vera battaglia in secondo piano – che il regista stringe il patto con noi spettatori. Ci da di gomito e sembra dire:
“La facciamo sta boiata, eh?”.
Un film per famiglie: sì, ma quali?
Partiamo dicendo che Guardiani della Galassia Volume 2 è un PG-13, ma è quel PG-13 che strizza l’occhio anche ai preadolescenti; quello che il genitore meno fiscale propone in visione al figlio come goliardata.
Come nel caso dell’ultimo film di Wolverine (che però è vietato ai minori), una buona quota della storia è incentrata sulle relazioni umane o – di più – familiari. Peter Quill non sa chi sia il proprio padre e, in diversi momenti, si afferma l’importanza degli amici come famiglia allargata e quella della genitorialità acquisita rispetto a quella naturale. Non male, come messaggio civico, anche se a promuoverlo è un procione parlante (o un pirata spaziale).
Anche l’inserimento di Baby Groot crea situazioni tipicamente familairi in cui gli altri personaggi – a turno – fungono da genitori putativi: dimostrano apprensione, istinto materno e una volontà educativa che poco si addicono a un’accozzaglia di reietti galattici.
Bomba visiva.
Guardate la locandina del film. Guardatela attentamente: la struttura compositiva e il trattamento illustrativo foto-realistico sono quelli che conosciamo e amiamo da quarant’anni, quelli di Guerre Stellari, Indiana Jones e, ovviamente, di molti film Marvel. Però è più colorata. Sfacciatamente psichedelica. E poi, la posizione di Star-Lord non vi ricorda qualcosa, qualcuno? Se la risposta è “Sì, Tony Manero” siete sulla strada giusta.
Colonna sonora: l’epica del pop.
Entra Darth Vader, parte la marcia imperiale. Vuoi una cosa così? Chiama John Williams. Punto. L’esatto opposto, invece, è prendere Come a little bit closer dei Jay and The Americans – un gruppo melodico anni ’50 – e metterla sotto a una scena dove Yondu Udonta (Micheal Rooker), fischiettando, fa più morti della peste, con dei cambi di inquadratura che ciao. Ve l’abbiamo detto: Guardiani della Galassia è ultra-pop. È come la pizza con l’ananas.
Ma la colonna sonora non è contorno: la musica, qui, è parte integrante della storia, dei legami tra personaggi. Era così fin dal primo film ed è per questo che, oggi, i walkman come quello di Star-Lord stanno acquisendo valore e, su Spotify, l’aggiornamento della playlist Awesome Mix – Vol. 2 è valso come teaser trailer sonoro. Coolness alle stelle.
Un gruppo di cretini con le chiavi della Galassia.
È così. Questi personaggi – che alla fine sentiamo vicini come vecchi amici del liceo – non sono eroi, ma neanche di striscio. Sono impostori spaziali, buoni – per carità – ma scorretti e disfunzionali un po’ in tutto. Soprattutto nelle relazioni umane (si fa per dire). I loro siparietti sono a base di battute sconce, insolenza, doppi sensi, incomprensioni culturali. Sono le persone sbagliate al posto giusto. E ci piacciono per questo, ci piacciono così, meravigliosamente cialtroni.
*”Avvenente” è chiaramente un eufemismo allineato al PG-13.