Abbiamo ascoltato Now What?!, l’ultimo disco dei Deep Purple

5 Gen 2016 - Magazine, Musica

In attesa del concerto del 12 luglio 2016, abbiamo ascoltato l’ultima fatica dei Deep Purple. Ecco la nostra opinione.

E ora che si fa?

Now What?!, l’ultimo disco dei Deep Purple, ha decisamente un titolo emblematico.

È bello immaginare che se lo siano chiesti pure loro, quando hanno deciso di registrare un nuovo album: “Ed ora che si fa?!”. Perché – facendo un po’ i cinici – è facile chiedersi se si sentisse la necessità di un nuovo disco dei Deep Purple.

Probabilmente no, e anche loro, forse, non ne avrebbero avuto bisogno: i loro tour sono sempre affollati da un pubblico che abbraccia più generazioni, un fan base attratta dallo status di culto e dalla loro reputazione di solidissima live band.

Reputazione più che meritata: forti di un’indiscutibile preparazione tecnica e di un’esperienza maturata in quasi 50 anni di carriera, dal vivo i Deep Purple propongono uno spettacolo sempre tirato e coinvolgente.

Ma se nuovo disco deve proprio essere – devono aver pensato – almeno facciamolo bene. Quindi: “Ed ora che si fa?!”

Suonare con onestà.

Be’, innanzi tutto, ci si prende tempo. Now What?!, infatti, è uscito nel 2013, a ben otto anni dal precedente Rapture of the Deep.

Poi, per essere tranquilli, si mette in cabina di regia Bob Ezrin (produttore, tra le altre cose, di The Wall dei Pink Floyd, tanto per dire). Infine, si fa l’unica cosa rispettosa nei confronti della propria storia e dei propri fan: si suona con onestà.

“Ed ora che si fa?!”, poi, se lo dovrebbe chiedere chiunque volesse scrivere una recensione altrettanto onesta: inutile buttarsi sulla stroncatura feroce a priori (tipo: “musica fuori tempo massimo!”), facile abbandonarsi ai luoghi comuni (come: “musica senza tempo!”).
La verità è che Now What?! è un dignitosissimo disco di hard rock vecchia maniera, fatto da gente che – ricordiamolo – l’hard rock l’ha inventato.

I Deep Purple ovviamente sopperiscono all’originalità con buone dosi di mestiere ma, soprattutto quando si lasciano andare sulle parti strumentali, dimostrano tiro e affiatamento da vendere (proprio come dal vivo).

Don Airey, al terzo disco con i Deep Purple, è perfettamente integrato nelle dinamiche del gruppo e riesce a non sfigurare negli immancabili dialoghi indiavolati con la chitarra di Steve Morse.

Roger Glover (basso) ed Ian Paice (batteria) si confermano un’instancabile macchina ritmica, mentre Ian Gillan – pur non lanciandosi nelle acrobazie vocali di un tempo – ci mette tutta la grinta necessaria.

Now What?! Traccia per traccia.

Il disco si apre con Simple Song: la partenza è sussurrata con gli strumenti che, a turno, fanno la loro comparsa. Poi parte l’assalto sonoro guidato dalle tastiere che si stempera solo un po’ nel ritornello.

Le successive Weirdistan e Out of Hand sono due pezzi dall’incedere martellante: interessanti i sintetizzatori della prima, molto riuscito l’assolo veloce di Steve Morse nella seconda.

Il ritmo accelera con Hell to Pay, un trascinante rock’n’roll virato sull’hard rock: diretto quanto efficace.

La prima sorpresa del disco è Body Line: introdotta dalla sempre ottima batteria di Ian Paice, si basa su di un bel groove funk; peccato che cali nel ritornello.

L’intro di Above and Beyond è la prima incursione sostanziosa in ambito progressive, mentre il resto della canzone ha uno sviluppo più vicino alla ballata pop: forse è uno dei pezzi meno riusciti.

Blood from a Stone è un blues di maniera, impreziosito da un piano elettrico più che reminiscente ai Doors di Riders on the Storm.

I sette minuti di Uncommon Man, con il loro sviluppo a movimenti, rappresentano l’altra grande parentesi in atmosfere progressive. La canzone è inoltre dedicata allo scomparso Jon Lord e parzialmente ispirata alla composizione Fanfare for the Common Man.

Apres Vous è, invece, una bella cavalcata con un occhio di riguardo per il groove; nella parte strumentale c’è pure uno dei marchi di fabbrica dei Deep Purple, il botta e risposta di chitarra e tastiera.

All the Time in the World è una ballata abbastanza trascurabile, mentre il disco si conclude con Vincent Price, divertente e divertito omaggio alla star dei film horror.

In definitiva, Now What?! è un disco che non delude le aspettative, proponendo semplicemente del buon hard rock suonato con tanta passione: e pazienza se non sarà finito in qualche lista dei dischi più influenti del 2013.

Sarebbe veramente ingeneroso chiedere ai Deep Purple di rivoluzionare la musica, perché, banalmente, lo hanno già fatto.

E di questo, mentre alziamo il volume per sentire un qualsiasi pezzo rock, saremo loro sempre grati.

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