Una Nuvola carica di congressi

21 Dic 2016 - Magazine

Fiocco bianco nel congressuale.

Le nuvole vanno vengono ogni tanto si fermano, dice Fabrizio De André. Questa Nuvola ci ha messo 18 anni di vai e di vieni prima di approdare nel cielo di Roma e fermarsi. Parliamo ovviamente del nuovo Centro Congressi dell’Eur di Massimiliano Fuksas, il controverso progetto che è giunto a compimento alla soglia della maggior età.

Ineluttabile come per tutte le grandi realizzazioni, lo strascico di mugugni e di polemiche. C’è chi contesta che questo parallelepipedo di acciaio e vetro, con un grande bozzolo di fiberglass che sembra galleggiarci dentro, della leggerezza della nuvola abbia ben poco. Chi lo paragona piuttosto a un’astronave aliena, chi depreca lo spreco.

Ma di sicuro la realizzazione di questa nuova struttura va a colmare una lacuna: la nostra capitale, che attrae un flusso di turismo tra i più importanti in Europa, mancava di un centro congressi che consentisse le candidature ai grandi eventi internazionali.

Strategica dunque per la città e per il paese, con una capienza complessiva di quasi 8.000 posti, un Auditorium da 1800 e improntato all’eco-compatibilità, la Nuvola gioca sugli elementi strutturali e sui materiali che cambiano la luce, il suono e l’aria, come evidenzia Fuksas. Il quale invita peraltro ad andare oltre la retorica dei dettagli:

Guarda questo auditorium vuoto (…) 1800 posti: senza persone non esiste, non prende vita. Così vedi solo i dettagli, bellissimi ma inutili; vedi il fuori scena e il fuori campo perché mancano la scena e il campo, vale a dire la vita.

 

Questione di stili.

CD o vinile? Camino o stufa a pellet?
Di sicuro le strutture congressuali più recenti, dal design avveniristico, ipertecnologiche e poliedriche sono d’utilizzo più semplice e flessibile. E sì, accade talvolta che anche noi, pervicaci custodi di storici spazi, invochiamo un magico bottone che trasli le pareti o faccia scomparire immantinente le sedute.
Ma la verità è che continuiamo a guardare con compiacimento immutato dopo un quarto di secolo – peraltro egregiamente portato- i nostri Magazzini del Cotone, e a considerarli una location che non ha uguali.

Merito anche dell’attenzione che mettiamo nel conservarli così come sono stati ideati, consapevoli che non si tratta solo di un contenitore di eventi, ma dell’opera di uno degli architetti più famosi nel mondo: Renzo Piano. Genovese.

Ma non è solo una questione di nomi illustri. Questi spazi non necessitano di storie per prendere vita, perché la storia ce l’hanno dentro; prevalgono sulla funzione, non sono da interpretare perché risaltino e siano enfatizzati. Si entra nell’Auditorium e non c’è bisogno di vederlo animato dai congressisti, il suo è un fascino compiuto, che balza agli occhi senza bisogno d’altro: il calore del legno, l’energia del rosso che pervade la sala, la linea morbida delle sedute.  Le ha disegnate Piano.

E’ emozione. Atmosfera che accoglie e avvolge, e che fa percepire il flusso della storia che questo luogo si è lasciato alle spalle, ma non del tutto.

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