Una Cattedra UNESCO per l’Ateneo genovese

4 Lug 2014 - Cultura, Interviste, Magazine

Antonio Guerci, antropologo.

Una collaborazione che dura da quasi vent’anni: il Professor Antonio Guerci, biologo, ordinario di Antropologia e docente dell’Ateneo genovese, ai Magazzini del Cotone ha organizzato nel ’96 il III Colloquio Europeo di Etnofarmacologia e la I Conferenza Internazionale di Antropologia e Storia della Salute e delle Malattie. Sono seguiti la III Conferenza di Antropologia e Storia della Salute e delle Malattie, nel 2002, e il XVI Congresso degli Antropologi Italiani, nel 2005. Nel corso degli anni è stato inoltre ospite di numerosi appuntamenti scientifici e culturali nelle nostre sale.

UNESCO e Memoria del Mondo.

Quest’anno è giunto dalla massima istituzione culturale mondiale un riconoscimento di grande prestigio per Guerci e la sua équipe e quindi per l’Ateneo Genovese: l’istituzione della Cattedra UNESCO in “Antropologia della salute – Biosfera e sistemi di cura”, di conclamato elevato valore scientifico.

 

L’intervista.

Professore, questa è la prima Cattedra UNESCO  a Genova e la prima in Italia sull’antropologia: di che cosa si tratta?

La Cattedra si prefigge lo scopo di conoscere, promuovere e proteggere i sistemi, le conoscenze e gli ambienti che consentono alle società di curarsi; aprire nuove modalità al concetto di salute e di cura; fornire un luogo d’incontro tra i saperi di culture “diverse”; aprire la ricerca scientifica verso altre concezioni della realtà. Inoltre il Programma “Memoria del Mondo” mira a preservare e a promuovere il patrimonio documentario mondiale in quanto universale e universalmente accessibile, con il dovuto riconoscimento dei costumi culturali e delle consuetudini appartenenti a ciascuna nazione aderente all’UNESCO.

 

Quali requisiti della Cattedra hanno motivato la scelta UNESCO?

La Cattedra è stata riconosciuta centro di eccellenza per la realizzazione di programmi di insegnamento e di ricerca avanzati, intesi a rafforzare la cooperazione interuniversitaria e ad accrescere la mobilità e il sostegno ai sistemi educativi di Paesi in via di sviluppo. L’obiettivo a lungo termine è formare una generazione di ricercatori multidisciplinari, occidentali e non, capaci di tradurre secondo metodi scientifici insiemi integrati di conoscenza del mondo etnomedico, e di raggiungere una medesima conoscenza in modi differenti. Questo approccio considera lo sviluppo economico e sociale a partire dai punti di forza delle economie comunitarie tradizionali.

 

Lei è il Responsabile Scientifico del Museo di Etnomedicina “A. Scarpa”, che raccoglie un repertorio culturale che molti paesi ci invidiano. Quanto è stata determinante questa realtà per il riconoscimento dell’UNESCO, e quali possibili benefici potrebbe trarne?

Il Museo, temporaneamente ospitato dal Dipartimento Scienze della Formazione dell’Università degli Studi di Genova e alimentato in 55 anni di ricerche nei 5 continenti, raccoglie oltre 1500 pezzi e rappresenta oggi un unicum nel panorama museale mondiale di questo genere. Alcuni ricercatori di differenti discipline hanno formato un gruppo di ricerca attorno al tema dei luoghi, delle forme e delle modalità di salute, cura e guarigione.

La Commissione internazionale dell’UNESCO ha riconosciuto nel Museo un patrimonio dell’umanità.

 

Quanto sono estesi i confini dell’Antropologia moderna?

La necessità di un approccio antropologico al “sistema salute” coinvolge il cuore stesso della politica e della convivenza civile, là dove si pensi al fenomeno dell’immigrazione e alle nuove stratificazioni sociali e culturali che questa, insieme a forme di esasperazione della povertà, implica. Le prospettive e le implicazioni del lavoro che, su scala globale, ancora attende l’antropologia della salute, sono amplissime: si va dall’assistenza sanitaria nei paesi poveri alle possibilità di risparmio nazionale in campo sanitario, dalla validazione scientifica delle cure tradizionali allo sviluppo di farmaci a basso costo, dai diritti delle popolazioni sulle molecole utilizzate in campo farmaceutico all’integrazione necessaria dei diversi sistemi medici.

 

Professor Guerci, lei ha legato al Centro Congressi di Genova importanti congressi internazionali: quali sono secondo lei i punti di forza della nostra struttura e che cosa i partecipanti hanno apprezzato maggiormente del Centro Congressi e della città ?

Sono particolarmente lieto di rispondere a questa domanda. Infatti tutti i partecipanti ai congressi da me organizzati (rammento che solo nel ’96 erano presenti studiosi in rappresentanza di 61 paesi del mondo) hanno particolarmente apprezzato la professionalità dei dipendenti del Centro Congressi, dai dirigenti ai tecnici compresi, la loro costante presenza in ogni momento congressuale e la disponibilità nell’andare incontro a ogni loro richiesta. Se a questo aggiungiamo la bellezza del luogo, le ampie vetrate sul mare, il risultato è un ricordo indelebile in tutti i partecipanti.

 

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